Corinaldo, Un km di mura inviolate

Borgo | Trovandosi Corinaldo in prossimità della distrutta città romana di Suasa Senonum, la tradizione legge nel suo nome l'invocazione curre in altum (corri, fuggi verso l'alto) pronunciata dai sopravvissuti alla violenza dei barbari.

 

Più probabile che il toponimo indichi un "colle in alto" o una "curia di Aldo": in quest'ultimo caso si evidenzierebbe un'origine longobarda.

La Storia

1000 ca., al fenomeno storico dell'incastellamento si devono probabilmente le origini di Corinaldo, più che alla leggendaria ricostruzione, in posizione collinare, della romana Suasa, incendiata dai barbari di Alarico nell'anno 409.
1360, avamposto strategico conteso dalle fazioni guelfe e ghibelline in lotta per il potere, Corinaldo, passata alla parte ghibellina dopo una lunga milizia nel segno della Chiesa, è distrutta dall'esercito pontificio guidato da Galeotto Malatesta.
1367, Corinaldo viene ricostruita ex novo con l'attuale cinta fortificata. Ai Malatesta succedono gli Sforza e a questi i Della Rovere.
1416, le possenti mura resistono all'assalto del famoso capitano di ventura Braccio da Montone. Anche l'assedio di Sante Garelli nel 1432 è respinto dalla strenua resistenza degli abitanti.
1480, una nuova cerchia di mura con tutti gli elementi fortificativi dell'epoca viene costruita per rendere il luogo inespugnabile, probabilmente con il contributo del celebre architetto militare Francesco di Giorgio Martini.
1503, Niccolò Machiavelli, in missione per conto della Signoria fiorentina, scrive il 1° gennaio da Corinaldo una celebre lettera sul duca Valentino (Cesare Borgia) che anticipa i temi - come il mito del condottiero - poi trattati nel "Principe".
1517, Francesco Maria, lo spodestato duca di Urbino, cinge d'assedio le mura ma dopo 23 giorni è costretto a ritirarsi. Papa Leone X premia la fedeltà dei corinaldesi elevando il borgo al rango di città.
1640, terminano i lavori nella chiesa del Suffragio. Questo e il successivo sono i secoli d'oro per Corinaldo, che grazie alla protezione dello Stato Pontificio si arricchisce di nuove ed eleganti dimore e di importanti edifici religiosi.
1786, Papa Pio VI conferma a Corinaldo il titolo di città.
1860, annessione delle Marche al regno d'Italia.

Un perfetto set per un film di cappa e spada

Arroccato in posizione strategica tra la Marca di Ancona e lo Stato di Urbino, il borgo di Corinaldo ha il suo simbolo nelle imponenti mura rimaste praticamente intatte dal Quattrocento.

Se ne può percorrere l'intera cerchia, lunga 912 metri, con una suggestiva passeggiata guidata. Le porte, i baluardi, le torri di difesa, i merli ghibellini a coda di rondine, i camminamenti di ronda contrassegnano il paesaggio di questo raro esempio di città fortificata dove ad apparire incongrui sono i segni della modernità, come le automobili o i fili della luce.

Perfetto set di un film di cappa e spada, Corinaldo ha il suo centro nella Piaggia, una scalinata di cento gradini verso cui convergono le case in mattoni rossi disposte a spina di pesce.

L'ordito urbanistico della città comprende numerosi palazzi gentilizi e notevoli edifici civili e religiosi. Lo sviluppo artistico dei secoli XVII e XVIII è dovuto principalmente alla presenza di grandi personalità come il pittore Claudio Ridolfi, che a Corinaldo visse lungamente e morì, e l'organista Gaetano Antonio Callido, che qui ha lasciato due eccezionali organi a canne, uno dei quali donato alla figlia, monaca di clausura negli ambienti oggi occupati dalla Pinacoteca civica.

Tra gli edifici pubblici, sono da vedere il Palazzo Comunale, bell'esempio di architettura neoclassica con il lungo loggiato che dà su via del Corso, l'ex Convento degli Agostiniani, costruito nella seconda metà del Settecento e ora utilizzato come albergo, il Teatro Comunale (1861-69) intitolato a Carlo Goldoni e la Casa del Trecento, che ospita la Pro Loco ed è la più vecchia del borgo.

Le chiese rivelano tutta la spiritualità del luogo, rinforzata dalla lunga appartenenza allo Stato Pontificio.

La Collegiata di S. Francesco ha origini antiche (1265) ma si presenta a noi nelle forme della ricostruzione secentesca e, ancor di più, settecentesca, quando fu edificato il convento (1749) e venne innalzata la nuova chiesa (1752-59).

Il Santuario di S. Maria Goretti, con l'ex monastero ora adibito a Sala del costume e Biblioteca comunale, ingloba con fattezze settecentesche l'antica chiesa medievale di S. Nicolò. L'interno è un bell'esempio di tarda architettura barocca e custodisce numerose opere d'arte, tra cui una grande cantoria lignea che racchiude uno splendido organo di Callido del 1767.

La Chiesa del Suffragio, terminata nel 1640, fu in seguito demolita e ricostruita per essere riaperta al culto nel 1779. Conserva il dipinto di Claudio Ridolfi che era stato collocato sull'altare maggiore il giorno della prima inaugurazione, il 6 gennaio 1641.

Un altro organo di Callido si trova nella cantoria lignea sopra la porta d'ingresso della Chiesa dell'Addolorata, consacrata nel 1755.

In piazza S. Pietro il campanile è quanto resta dell'omonima chiesa, demolita nel 1870 perché pericolante. Al suo posto troneggia un grande cedro dell'Himalaya, piantato, pare, da un anticlericale affinché non vi si ricostruisse un altro edificio religioso.

E ora torniamo alle mura. Il primo impatto del visitatore è con la quattrocentesca torre dello Sperone, alta 18 m. e di forma pentagonale, attribuita all'architetto senese Francesco di Giorgio Martini e più volte restaurata.

Tra le torri, spiccano anche quella dello Scorticatore (dove le mura raggiungono i 15 metri di altezza), quella del Mangano e quella del Calcinaro, che prendono il nome dalla professione che svolgeva chi vi abitava.

Dalla Rotonda, invece, che fa parte dell'aggiunta rinascimentale terminata nel 1490, proseguendo verso il giro di ronda si accede ai Landroni, un corridoio porticato derivato dalla sopraelevazione degli edifici seicenteschi lungo via del Corso. Da lì si ritorna alle mura, che inglobano alcune imponenti porte bastionate.

La parte più interessante della cerchia muraria è forse quella di Porta S. Giovanni, in quanto conserva inalterati molti elementi di difesa. L'architettura militare dell'epoca presenta in questo tratto tutto il suo corredo di saettiere, archibugiere, beccatelli, piombatoi e merlature.

Girando verso il pozzo del Bargello si raggiunge la terrazza sopra l'arco della porta, da cui si può ammirare - come ha fatto il principe Carlo d'Inghilterra nel 1987 - il centro storico e la campagna sottostante, arrivando con lo sguardo fino al Monte Conero nei giorni limpidi.

Il prodotto del borgo

I vigneti del rinomato Verdicchio sulle colline intorno a Corinaldo danno un vino delicato, di colore paglierino tenue, dal sapore asciutto, armonico, ottimo per piatti a base di pesce.

Non è ancora Doc ma promette bene il Rosso di Corinaldo.

Il territorio offre anche olio extravergine di oliva, salumi, miele.

Il piatto del borgo

I passatelli in brodo di cappone sono una specialità della zona che deriva però dalla tradizione culinaria romagnola.

I vincisgrassi, una sorta di lasagne al forno con strati di sugo, parmigiano, pasta e besciamella, sono tipici di buona parte delle Marche.

L'oca arrosto, imbottita di salvia, rosmarino e aglio e contornata di patate tagliate a pezzi grossi, è un'esperienza da fare nei ristoranti di Corinaldo.